La rievoluzione non si ferma – l’ecoconsiglio della settimana: il parco Virunga e i suoi gorilla di montagna
Quella del Parco nazionale del Virunga, in Africa, al confine tra Ruanda, Uganda e Repubblica Democratica del Congo, è l’unica regione al mondo dove è ancora possibile trovare i maestosi gorilla di montagna. Ne sono rimasti meno di 800 esemplari, la cui conservazione è fortemente minacciata.
Il titolo del film che vi consigliamo questa settimana prende il nome dal parco stesso: “Virunga”.
La pellicola, diretta e prodotta da Orlando von Einsiedel e disponibile su Netflix, racconta la vera storia dell’ultima comunità di gorilla di montagna messa a dura prova dal bracconaggio, dalle guerriglie interne del paese, e da una potente minaccia esterna: la Soco International.
Nel 2010 infatti la società britannica Soco decide di intraprendere la ricerca di petrolio nel lago Edoardo, proprio all’interno del parco Virunga. L’azione, totalmente illegale in quanto è vietata l’esplorazione petrolifera all’interno di parchi nazionali, viene supportata dallo stesso governo del Congo che, desideroso di ottenere i consistenti guadagni promessi dalla società, decide comunque di autorizzare il progetto.
Questo comporterà un grave danno per la popolazione di gorilla che, oltre a vedersi distrutto il proprio habitat, dovrà sopportare una crescente attività di bracconaggio.
Il Parco Virunga è stato reso riserva naturale (nominato anche patrimonio dell’umanità dall’UNESCO) proprio perché è rimasto l’unico luogo sulla terra ad ospitare i gorilla di montagna. Se tutti gli esemplari venissero sterminati, il parco perderebbe il suo status di area protetta, e la Soco International e altre società sarebbero libere di sfruttare l’area a proprio piacimento.
In una vicenda in cui tutti gli uomini sembrano facilmente corruttibili, interessati al profitto più che alla sopravvivenza dell’area naturale, appaiono per fortuna i protagonisti di questa lotta per la conservazione: il custode di gorilla André Bauma, il capo guardaparco Rodrigue Mugaruka Katembo, il capo guardiano Emmanuel de Merode e la giornalista francese Mélanie Gouby, che faranno il possibile per proteggere la loro amata terra.
Nel 2013 (un anno prima della pubblicazione del film) il WWF denuncia la Soco international per violazione delle disposizioni in merito ai diritti ambientali e umani dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (OCSE). Alla fine dell’anno successivo, anche grazie a questo film che ha mosso l’opinione pubblica portando alla luce la vicenda, il WWF vince la sua battaglia: la Soco annuncia che porrà fine alle operazioni di trivellazione.
Sempre più spesso si sente parlare di animali fortemente minacciati dal bracconaggio. Immediatamente si associano queste parole ad animali esotici, come il gorilla di montagna, la tigre o il rinoceronte e gli elefanti, privati di corni e zanne. In realtà è importante ricordare che le specie in pericolo di estinzione e minacciate dalla caccia di frodo sono tantissime in tutto il mondo, Italia compresa. L’orso marsicano, ad esempio, entra spesso in conflitto con le comunità dei luoghi che frequenta e per questo continua ad essere vittima di fucilate, lacci e veleni. L’aquila del Bonelli, particolarmente desiderata dai falconieri, viene derubata dalle sue uova, le quali vengono vendute per migliaia di euro.
Giancarlo Ferron, guardiacaccia delle montagne vicentine, racconta all’interno del suo libro “Ho visto piangere gli animali” la realtà del bracconaggio italiano. La sua testimonianza ci fa comprendere quanto sia vicina, attuale e crudele la caccia di frodo.
“Faccio il guardiacaccia e per troppe volte ho guardato negli occhi un animale che moriva e ho avuto l’impressione che stesse piangendo, forse ero io che stavo male; ma in quello sguardo liquido ho visto riflettersi, come in uno specchio, l’animale che c’è dentro di me…”
Articolo di Federica Giancecchi per Legambiente Parma
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