– La Rievoluzione non si ferma – l’ecoconsiglio della settimana: David Attenborough e il suo inno alla biodiversità
Sir David Attenborough: un nome, una garanzia. Una vita straordinaria dedicata alla scoperta della natura, delle sue mille forme, interconnessioni e fragilità. Inauguriamo i nostri consigli di lettura e visione a tema ambientale andando sul sicuro con l’ultima fatica del celeberrimo naturalista e divulgatore inglese.
Protagonista e voce narrante di tanti dei migliori documentari naturalistici firmati BBC dell’ultimo secolo, David Attenborough, raggiunti i 94 anni ci regala una nuova opera: Una vita sul nostro pianeta, disponibile da ottobre anche su Netflix. Certo non una vita qualsiasi, ma la testimonianza in prima persona di chi, nell’arco di quasi un secolo, ha visitato e ci ha fatto scoprire tutti gli ecosistemi terrestri assistendo anche, ahimè, al loro declino. Una narrazione amara, certo, scandita col passare degli anni dall’aumento della popolazione umana e delle emissioni di gas serra in atmosfera e dal parallelo diminuire della biodiversità. Il grido di allarme di una voce autorevole su cosa ci attende se continuiamo su questo percorso senza inversioni di rotta. Ma, alla fine, anche un messaggio di speranza.
Protagonista indiscussa del documentario è la biodiversità del nostro pianeta: l’incredibile varietà di forme di vita che lo popola e che fornisce robustezza e resilienza agli ecosistemi. Capirne l’importanza, al di là dell’indiscutibile intrinseca bellezza, è semplice: pensate, ad esempio, ad una foresta e ad un campo coltivato. La foresta cresce rigogliosa autonomamente, custodendo al suo interno migliaia di specie di vegetali, animali, funghi, batteri che forse ancora neanche conosciamo e che potrebbero racchiudere, come spesso avviene, sostanze utili anche per farmaci o altri “bioprodotti”. Il campo coltivato con un’unica specie è invece un sistema più fragile, che ha bisogno di costanti cure e input esterni per garantire rese elevate: fertilizzanti, erbicidi, pesticidi. In una foresta, se una specie si estingue, ce ne sarà quasi sicuramente un’altra che svolge la stessa funzione in grado di sostituirla, e l’ecosistema andrà avanti indisturbato. In una monocoltura, invece, una singola infezione può distruggere l’intero raccolto. Ecco spiegata, in termini banali, l’importanza della biodiversità.
Seguendo Attenborough nel resoconto delle sue esplorazioni cominciamo a notare, a partire dagli anni 70, i primi problemi. Molti animali sono sempre più rari e difficili da trovare; alcune popolazioni, come quella dei gorilla africani, sono ormai allo stremo. Negli anni 90 anche gli oceani cominciano a dare segnali scoraggianti: Attenborough e la sua troupe sono tra i primi a documentare un fenomeno bizzarro, lo sbiancamento dei coralli. Solo successivamente gli scienziati ne realizzeranno la gravità: quelle distese di bianco, seppur affascinanti, sono cimiteri sommersi. A causa dell’innalzamento della temperatura delle acque, viene meno la simbiosi tra i polipi del corallo e le alghe che solitamente forniscono loro nutrimento e colorazione e intere barriere coralline muoiono rapidamente.
La perdita di biodiversità non è una novità legata all’intervento umano. Nella storia della Terra si sono già registrate 5 grandi estinzioni di massa, dovute ad eventi catastrofici o a marcati cambiamenti delle condizioni climatiche. Quello che questa volta è diverso è la velocità del fenomeno. In appena due secoli abbiamo causato un innalzamento dei livelli di CO2 in atmosfera a cui solitamente si assiste in milioni di anni. E i tassi di riduzione della biodiversità sono così marcati che, secondo la giornalista Elizabeth Kolbert, siamo davanti a quella che lei chiama, nel suo omonimo libro, La sesta estinzione.
David Attenborough ci suggerisce che la biodiversità sia proprio la chiave di volta per uscire dalla crisi climatica, ecosistemica ed economica che stiamo vivendo. Preservandola, reintegrandola e rispettandola potremo a nostra volta prosperare. Per dirla con le parole di un altro emerito scienziato di fama mondiale, Edward O. Wilson, nel suo saggio La diversità della vita: “ogni frammento di diversità biologica ha un valore inestimabile: frammento che dobbiamo imparare a conoscere, a conservare gelosamente, e comunque a non abbandonare mai senza lottare”.
Articolo di Marta Lauro per Legambiente Parma
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