Titolo della settimana: Cowspiracy – il segreto della sostenibilità: documentario prodotto da Leonardo di Caprio nel 2014 e distribuito da Netflix. Si tratta di un lungometraggio che è riuscito ad ispirare migliaia di persone in tutto il mondo verso scelte più consapevoli, innanzitutto per l’ambiente ma anche per gli animali, vittime di un sistema di sfruttamento senza precedenti nella storia, del quale si denuncia l’assoluta insostenibilità.
Questo film, diretto e narrato da Kip Andersen e Keegan Kuhn, evidenzia l’impatto devastante degli allevamenti intensivi sull’ambiente, sia in termini di estinzione di diverse specie, sia in termini di distruzione di habitat.
Oltre ad intervistare vari esperti del settore, come nella maggior parte dei documentari, sono anche presentati numerosi dati scientifici e statistici ricavati dalle ricerche di grandi organizzazioni internazionali come FAO, ONU e NASA, con l’intento di massimizzare l’impatto visivo e il coinvolgimento dello spettatore.
L’argomento principale attorno al quale ruota gran parte del lavoro di Andersen è l’effetto serra, che provoca il surriscaldamento globale del pianeta.
Che ci crediate o meno, nel 2009, la FAO ha stimato che i processi coinvolti nell’allevamento di animali generano una produzione di gas serra pari o superiore al 51% delle emissioni totali a livello mondiale come: ossido nitrico, metano e protossido di azoto; sostanze con un potenziale di riscaldamento climatico di gran lunga superiore rispetto alla CO2.
Una cifra ben differente da quello che ci si poteva aspettare!
Ancor di più se, come viene anche citato nel documentario, comparato con il 13% delle emissioni di gas serra dell’insieme di tutti i trasporti (auto, treni, navi, aerei).
Con questi dati alla mano, il protagonista si reca presso le maggiori associazioni ambientaliste americane rivolgendo una semplice domanda: “se la zootecnia è una delle principali cause del degrado ambientale, perché nessuno ne parla?”
Le risposte? Spesso deludenti… Qualcuno finge di non esserne a conoscenza, altri minimizzano il problema, solo in pochi sono davvero disposti a parlarne.
Un altro argomento cardine di “Cowspiracy” è la distruzione della foresta pluviale. Nel 2006 la FAO ha stimato che, complessivamente, il 70% delle terre deforestate dell’Amazzonia è stato trasformato in pascoli bovini. La gran parte del restante 30% è destinato alle coltivazioni di mais, grano e soia per nutrire gli animali da allevamento.
Secondo un intervento del Dott. Will Tuttle, autore etico e ambientalista “diecimila anni fa, il 99% della biomassa (cioè lo zoomass) era costituito da animali selvatici. Oggi, gli esseri umani e gli animali che alleviamo come cibo costituiscono il 98% dello zoomass. Abbiamo letteralmente derubato al pianeta Terra la sua biodiversità!”
Un altro fattore molto importante da considerare è il consumo di acqua, e occorre fare una distinzione tra “uso” e “consumo”.
Secondo Brian Richter, presidente di “Sustainable Water”, Il concetto di “uso di acqua” indica il volume idrico totale prelevato dalla sorgente per essere utilizzato; ad esempio, un impianto produttivo potrebbe richiedere 30-40 mila litri di acqua al giorno per il raffreddamento, il funzionamento e la pulizia delle sue attrezzature ma è allo stesso modo in grado di restituirne il 95%.
“Il consumo di acqua”, viceversa, è la quota che non viene restituita al bacino idrico, fenomeno che si verifica quando l’acqua viene persa nell’atmosfera attraverso l’evaporazione o incorporata in un prodotto o in una pianta e non è più disponibile per il suo riutilizzo.
Ad esempio, per la produzione di un solo hamburger di 110 grammi, servono 2500 litri d’acqua, la stessa quantità richiesta per la produzione di ben un chilogrammo di riso (la coltura vegetale a più alta richiesta idrica).
Ci sono molti altri temi, altrettanto preoccupanti, affrontati durante i 90minuti di lungometraggio (che lasciamo a voi scoprire!)
Sebbene l’autore arrivi ad una personale soluzione “assolutista”, lascia comunque un forte messaggio volto a sensibilizzare e spronare ogni suo singolo spettatore verso scelte più consapevoli ed ecosostenibili.
Possiamo cambiare il mondo in cui viviamo, ma dobbiamo decidere di farlo e dobbiamo farlo ora!
“Non dubitate mai che un piccolo gruppo di persone possa cambiare il mondo, in fondo è così che è sempre stato.” Margareth Mead
Articolo di Elisabetta Antonazzo per Legambiente Parma